La sacra amicizia
Penso che questa sia una storia come tante, ma con un finale a sorpresa.
Eravamo nell’estate 2012, arriva un comunicato del Consiglio Direttivo dell’AIAS che ricorda la data ed il luogo dell’annuale Congresso ed invita i soci ad iscrivere le loro pietre.
Quell’anno il Congresso si sarebbe svolto il 29 e 30 settembre a Bondeno di Gonzaga. Quindi inizio subito a pensare, come immagino facciamo tutti, a quale delle mie pietre avrei portato alla mostra.
La mia scelta ricade sempre su pietre che mi stimolano particolarmente, potrei dire che la scelta viene dal cuore, non dalla ragione, l’importante è che siano “all’altezza della situazione”.
Anche in questo Congresso, come negli ultimi anni, ci viene data la possibilità di allestire due spazi, ma in categorie diverse.
Per prima, scelgo una pietra oggetto alla quale avevo da poco finito il daiza, appartenuta all’amica Paola Gramigni, recentemente scomparsa. L’idea è di onorare la sua memoria, presentando questa figura umana un po’ particolare.
Per la seconda esposizione, visto che la mia collezione è ricca di pietre piccole, adatte per esposizioni multiple, mi decido per un multiplo.
Le pietre di piccole dimensioni mi piacciono particolarmente, e infatti per poterle conservare ho costruito appositi contenitori simili a quelli giapponesi, e dei quali sono molto soddisfatto.
Seleziono un gruppo di pietre che, secondo me, sono adatte sia per tipologia che per dimensione ed inizio a fare delle prove. Il multiplo che ritengo più adatto è uno realizzato da me e che mi ha verniciato Alessandro, un vecchio amico bonsaista. Confesso che la verniciatura mi ha sempre creato notevoli problemi, per fortuna ho amici capaci e volenterosi.
Quello della composizione di una esposizione multipla e la scelta delle pietre, come sappiamo tutti, è un momento delicato, perché le soluzioni possono essere infinite e ci sono regole da rispettare; un consiglio autorevole fa sempre comodo.
Al mio club c’è una maggioranza di soci bonsaisti, però da alcuni anni il suiseki si è guadagnato rispetto ed amatori, e ha preso corpo una buona abitudine che si chiama “libero confronto”, questo rende tutti più consapevoli e migliora le nostre conoscenze. Pertanto ho contattato l’amico Claudio Nuti e lui, con la passione che lo contraddistingue, si è reso subito disponibile ad aiutarmi.
Dopo pochi giorni ci siamo ritroviamo a casa mia e insieme abbiamo valutato varie soluzioni.
Visto l’apprezzamento che successivamente ha ricevuto a Gonzaga, il risultato è sicuramente piaciuto. È fuori dubbio che un allestimento su multiplo deve essere fatto “bene”, ma gli elementi principali, le pietre, devono essere sempre di ottima qualità, nel senso che una bella cornice non fa un bel quadro.
Vi voglio presentare ogni pietra che abbiamo scelto singolarmente, credo sia doveroso, perché ognuna rappresenta scorci della mia vita e persone a me care.
La pietra che mettiamo nel ripiano più alto del multiplo (foto 1) è un bellissimo ricordo di una ricerca memorabile al lago di Giacopiane in Liguria, fatta molti anni fa con la Luciana ed Angelo Attinà.
Oltre a suscitare in me un fantastico ricordo, la considero un vero gioiellino per forma, dimensione e colore.
Dall’alto verso il basso, nel ripiano centrale, la seconda pietra di sinistra (foto 2) è il frutto di uno scambio con un carissimo amico, semplice amatore di pietre, che abitava a Siena, Massimo Zatini che l’aveva trovata in maremma.
Inutile dire che anche questa la considero preziosa per le sue magnifiche caratteristiche.
Quella di destra (foto 3), proveniente dalla Liguria è piuttosto frastagliata e delicatissima, perché le due piccole protuberanze che s’intravedono sulla sommità, che richiamano templi buddisti, ovviamente sono molto fragili, un leggerissimo urto potrebbe compromettere per sempre questa fantastica suggestione.
La pietra di sinistra del ripiano in basso (foto 4), proveniente anch’essa dalla Liguria, l’ho usata anche per un precedente articolo, dove valutavo la sua espressività a secondo l’inclinazione.
Anche se la preferisco rivolta verso sinistra, per mia fortuna non sfigura nemmeno rivolta a destra e così l’ho dovuta usare in questa occasione per motivi di equilibrio visivo.
Alcuni anni fa, Claudio Tampucci che molti conoscono, mi aveva dato tre pietre da pulire, una di queste me l’ha lasciata come ringraziamento per il lavoro svolto ed io l’ho accettata con grande gioia, l’aveva trovata in maremma e nel multiplo è quella in basso a destra (foto 5). Una pietra dalla forma morbida. È opinione diffusa che trovare pietre con queste forme sia relativamente facile.
Non sono d’accordo, le difficoltà sono le stesse per tutte, e non condivido nemmeno chi sostiene che una forma “morbida” è anche “banale”, non è così.
Anche in questo caso colore, dimensione e forma rivestono un ruolo fondamentale.
Esternamente all’espositore abbiamo voluto mettere un’altra pietra (foto 6, 7) alla quale sono molto legato.
L’ho trovata un giorno mentre ero a lavorare a Fiesole, vicino a Firenze, ed ero con un collega che considero anche grande amico.
Non era esattamente per terra, ma qualcuno l’aveva appoggiata sopra un muretto di cinta di una casa abbandonata.
Era completamente ricoperta d’argilla, ma intuirne la potenzialità era piuttosto facile.
Dopo averla pulita, oltre a mostrare dei bei colori, mi ha ricordato la forma dell’Isola d’Elba, isola che amo particolarmente.
A completamento dell’esposizione ho inserito anche un dipinto.
In quegli anni nessuno si poneva il problema se fosse o meno corretto esporre un dipinto con un multiplo. Nemmeno il giudice di quella edizione, la Signora Gudrun Benz, ha fatto obiezioni.
Successivamente lo studio delle regole giapponesi sulle esposizioni ha messo in evidenza come, per una esposizione di pietre su espositore multiplo, non fosse necessario inserire un dipinto.
Quindi voglio spendere due parole anche su questo e c’è il suo perché. Non tanto per il disegno che ho comprato su internet, ma per il porta tanzaku.
Un altro amico del mio club, un giorno mi portò tre di questi porta tanzaku, dicendomi che li aveva costruiti lui per divertimento, ma non avendo disegni non li poteva usare.
In verità non erano proprio così, ma molto spessi e verniciati peggio di come sapessi fare io. Però l’idea mi piacque e lavorandoci sopra e cercando di migliorarli, il risultato mi è piaciuto.
“La sacra amicizia”
Liguria/Toscana
La storia della realizzazione di questa esposizione finisce qui, ma in realtà ora inizia la fase “misteriosa”. Infatti, dovendo comunicare il nome poetico mi è venuto spontaneo pensare a quanti amici, in modo diretto o indiretto mi avevano “aiutato” a completare questo multiplo.
Mi pareva giusto ringraziarli e dedicare loro l’esposizione, ma visto che non potevo certo nominarli tutti, allora ho cercato di riassumere in poche parole il concetto di quanto io credo nell’amicizia, quella vera, genuina, senza doppi fini, data e ricevuta col cuore.
Quella che io considero “SACRA”, che non possiamo tradire, perché sarebbe come tradire noi stessi.
Comunico pertanto il nome poetico del mio multiplo: “La sacra amicizia”. Arriva il giorno del Congresso, prendo posizione, allestisco il tutto e mi viene consegnato la targhetta da mettere in esposizione.
Sorpresa: il nome poetico da “La sacra amicizia” era diventato “La sacra famiglia”…….. e non è proprio la stessa cosa. Ovviamente l’errore è stato rimediato subito.
Non ho mai chiesto come possa essere successo, in fondo è anche una cosa simpatica e non mi interessa saperlo. Ma qualcuno più curioso di me, in piena assemblea, davanti a tutti i soci riuniti, mi ha chiesto il perché di tale nome ed io, in modo molto più coinciso di ora, sono stato felicissimo di spiegarlo.
Sergio Bassi © RIPRODUZIONE RISERVATA
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