La dimora dell’aquila. Un elogio alla mia città ed a un fraterno amico
Lo Stemma della Città di Catanzaro raffigura l’aquila imperiale, da sempre emblema dell’imperatore Carlo V, re di Spagna e del Sacro Romano Impero. Un’aquila imperiale iberica simbolo di fedeltà. Un volatile in estinzione che quando si accoppia lo fa per sempre. Alto 80 cm e con un’ apertura alare oltre i due metri.
Fu un riconoscimento dell’imperatore stesso che, per premiare la fedeltà e la resistenza dei catanzaresi nel 1528 contro le truppe francesi, concesse alla città il diritto di utilizzare come suo simbolo l’aquila imperiale.
L’aquila, simbolo di Catanzaro, reca nel petto uno scudo con i tre colli della città sormontati da una corona e stringe nel becco un nastro azzurro, che riporta il motto della città “Sanguinis Effusione” (spargimento di sangue). Tutto questo per ricordare le cruente battaglie sostenute dai catanzaresi contro i francesi.
La pietra oggetto di questo articolo ricorda i tre colli della città, con i suoi tre terrazzamenti e la sua durezza ed i suoi colori , raccontano un popolo che si è sempre contraddistinto per sacrificio e fatica, ma che al contempo esprime lucentezza nell’accoglienza, specie per lo “straniero”.
Terminando l’aspetto storico, essa fu ritrovata in una giornata estiva di tanseki-ko (ricerca di suiseki). Fu trovata in Calabria e nella provincia di Catanzaro, presso il Fiume Amato, che si forma a circa 1000 mt di Altitudine (Pre Sila) e sfocia nel mar Tirreno, attraversando l’istmo di Marcellinara, il punto più stretto della Calabria: una pietra di fiumara com’ è definita in Calabria. Per l’esattezza uno scisto misto a calcite che disegna grotte, incavi e lo scorrere incessante dell’acqua.
Il colore tendente tra verde e blu, denota un’azione metamorfica in cui negli strati profondi, le alte pressioni hanno fuso nella roccia gli elementi di protoliti ed anfiboliti misti a scisto blu e verde (500/600 °C a 40 km di profondità e 12 Kbars di pressione – (vedi grafico in basso).
Lo stile suiseki tradotto in un Dan Seki verticale, avrebbe con una base più elaborata, potuto dare un connotato diverso alla pietra, ricordando il Gongshi cinese e le sue montagne sacre, inaccessibili agli umani e laddove gli immortali amavano trascorrere le loro giornate meditative. Con fiumi che sgorgano poderosi e sprofondano nelle nuvole a ricordare uno degli elementi essenziali della vita.
In aggiunta, contemplandola possiamo evocare quelle leggende orientali e mistiche che girano sovente sui social; dalla carpa koi che risale con tenacia la cascata per diventare drago o alla metamorfosi dell’aquila che si rigenera e vive 70 anni, anziché 40 mutilandosi becco, artigli e piume per rinascere a nuova vita, ma Vi rimando su internet dove tali racconti sono meglio dettagliati. Una pietra che racconta il sud Italia, una passione che unisce delle amicizie, che elabora e matura degli animi e li proietta nel loro essere in un’arte in divenire.
articolo a cura di Aldo Marchese | pietra di Cosimo Fragomena ® RIPRODUZIONE RISERVATA
*Facies (composizione) degli scisti
La facies degli scisti è determinata dalle temperature e dalla pressioni necessarie per trasformare un basalto (o una roccia mafica) in una roccia costituita da una paragenesi data da clorite, actinolite e albite.
La facies degli scisti verdi è una tipica facies metamorfica del metamorfismo di tipo barroviano (metamorfismo di media Temperatura e media Pressione). A seconda del tipo di protolite possiamo avere varie associazioni di minerali stabili, come:
– Protoliti mafici: clorite + actinolite + albite ± epidoto.
– Protoliti ultramafici: clorite + serpentino ± talco ± tremolite ± diopside ± brucite.
– Protoliti pelitici: quarzo ± albite ± k-feldspato ± clorite ± muscovite ± granato ± pirofillite ± grafite.
– Protoliti carbonatici: calcite ± dolomite ± quarzo ± miche ±scapolite ± wollastonite.
In breve, la facies degli scisti verdi può essere suddivisa in due sotto-facies:
(1) Bassi scisti verdi: facies transizionale con quella prehnite-pumpellyit.
(2) Alti scisti verdi: facies transizionale con quella delle anfiboliti.
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