
E.S.A. MOSTRA EUROPEA SUISEKI 2024 Reus, Tarragona (Spagna) – 22-24 novembre 2024
Parte 1: COMMENTI E NOTE PERSONALI di Jesús Ǫuintas (qseki)
Tralasciando la relazione scritta insieme a Pierre Chantry per la sua eventuale pubblicazione nel Suiseki
Journal dell’European Suiseki Association (E.S.A.), alcuni ragazzi mi hanno chiesto alcuni commenti
sulle composizioni di suiseki e seki-kazari esposte nell’Esibizione del Convegno Europeo EBA – ESA
2024, tenutosi a Reus, Tarragona (Spagna). È il momento di provare volentieri a partecipare a questa
gentile richiesta.

Lo scopo è quindi quello di presentare alcune osservazioni e note personali relative alle esposizioni,
che non sono da considerarsi esaustive o precettive, ma di condividere le impressioni più rilevanti che
ho ricavato dalla loro visione e dal confronto con le mie idee su cosa dovrebbero essere il suiseki e il
seki- kazari, nonché sulla loro evoluzione negli ultimi anni.

Come regola, cercherò di evitare riferimenti al nome dell’autore, per evitare il più possibile che tali impressioni possano essere considerate irrispettose.
Sono molto grato all’aiuto ed al supporto degli organizzatori del Convegno (in particolare al suo team
leader, Juan Gomez) e ai membri spagnoli dell’ESA: Jaime Molins, Juantxo Laăiano e Miguel Angel
Domínguez, per il loro grande contributo al successo dell’Esibizione ed a tutti i partecipanti all’Esibizione,
alla conferenza e alla visita guidata, in particolare per le loro numerose ed acute osservazioni,
commenti e domande, anche quando le opinioni erano discordanti.
Mi sento in dovere di sottolineare che questi sono commenti ed appunti personali, quindi non vanno
considerati come regole prescrittive o criteri di giudizio, ma come impressioni emotive. Nella mia
esperienza, le impressioni emotive e quelle “tecniche” sono piuttosto vicine, ma non sempre
coincidenti.
CONTENUTI (Parte 1)
- Bonsai toko-kazari
- Linee guida generali per le esposizioni di suiseki e seki-kazari
a) Vuoto (mu)
ă) Bilanciamento
c) Armonia
d) Eleganza (shibui)
e) Suggestione (yugen)
f) Individualità - Tipi e stili di seki-kazari
- Caratteristiche particolari del kakemono/kakejiku per il seki-kazari
a) Dimensioni del rotolo: altezza (H) e larghezza (W). Equilibrio
ă) Sulla progettazione di kakejiku/kakemono - Sul complemento orizzontale
a) Il problema della scala
ă) Kusamono/shitakusa e altri oggetti vegetali
c) Piccole figure (tenpai/tenkei)
d) Oggetti legati alla cerimonia del tè e altri utensili
- Bonsai toko-kazari
Probabilmente vi stupirete del fatto che questi commenti su un’esposizione di suiseki inizino a riferirsi a un’arte diversa, anche se correlata, come il bonsai. Tuttavia, trovo conveniente farlo per dimostrare che suiseki, bonsai ed ikebana condividono un insieme di radici comuni legate al buddismo zen e alla cerimonia del tè, ma questo non implica che le loro tecniche e i loro materiali siano gli stessi. A mio avviso le esposizioni toko di un gruppo di magnifici bonsai dell’evento Reus contribuiscono a farlo percepire più chiaramente.

Non ho contato quanti capolavori bonsai sono stati esposti in toko nella Reus Exhibition; credo che fossero una dozzina, tutti di qualità eccelsa. I toko erano quasi quadrati (circa 2,0 L x1,8 H metri). Una differenza immediatamente percepita è l’assenza di rotoli; quindi, tutti sono composti da due elementi, quello principale (bonsai) e il complemento orizzontale (shitakusa). A mio avviso, la ragione dell’assenza del complemento verticale (kakemono/kakejiku) è ovvia: non c’è spazio per collocarlo. Il prezzo per ottenere il vuoto è quello di escludere il rotolo. Va notato che il rotolo era l’elemento principale della tradizione della cerimonia del tè (chanoyu) dal XIV al XIX secolo.
Una seconda questione è se queste alcove possano essere propriamente chiamate tokonoma, in caso contrario, come dovrebbero essere chiamate?
In breve, queste alcove non possono essere considerate tokonoma in senso stretto. Per quanto ne so, un vero tokonoma presenta la sua piattaforma sollevata da 10 a 20 cm dal pavimento della sala, ma nel caso in questione la piattaforma è posta a un’altezza simile a quella di una tavola da pranzo (60-75 cm). Questi toko sono più simili al tipo di alcove adiacenti ai tokonoma veri e propri (tsuke- shoin, chigai-dana, tokowaki e oshi-ita), in cui la piattaforma per posizionare gli oggetti è sollevata di 40 cm. Il termine “toko” è solitamente utilizzato per indicare tutti i tipi di nicchie presenti nelle sale per la cerimonia del tè o nelle capanne. Per allestire correttamente un bonsai in un tokonoma, mi permetto di suggerire una lunghezza di 1,5-2 ken (2,7-3,6 metri) e un’altezza di 2-2,25 metri (spazio vuoto interno). Al contrario, un toko-seki-kazari può essere disposto in un wabi-tokonoma ridotto di soli 0,5 ken (0,9 metri) o, nel caso di un’esposizione di shoin nello zashiki (sala di ricevimento), da uno a 1,5 ken (da 1,8 a 2,7 metri di lunghezza) e, se è destinato alla visione delle opere, può essere utilizzato per la composizione e visuale in posizione eretta, poiché impostare il display su una piattaforma rialzata migliora l’esperienza. In ogni caso, l’esposizione deve essere sempre conforme ai criteri di vuoto, equilibrio e armonia.
2. Linee guida generali per le esposizioni di suiseki e seki-kazari
Ho iniziato a praticare bonsai nel 1987 e suiseki nel 1990. Da allora, il mio interesse per il bonsai è lentamente diminuito, mentre è aumentato quello per il suiseki. Continuo ad amarlo, ma dal 2009 dedico la maggior parte del mio tempo senza compromesso al suiseki ed ai diversi argomenti ad esso correlati. Sono convinto che il mio interesse e la mia curiosità per: l’haiku, il sumi-e, la storia del Giappone e del buddismo zen, la cerimonia del tè ed altri argomenti, così come i lunghi periodi di frequentazione, abbiano migliorato la mia comprensione dello spirito e della pratica del suiseki e del seki-kazari.
Questo processo mi ha portato a realizzare le seguenti 5 linee guida o orientamenti particolarmente utili per la pratica del suiseki e del seki-kazari:
a) Vuoto (mu)
Nella pratica attuale del kazari, il vuoto riceve grande attenzione. Per il toko-kazari si dice che il vuoto dovrebbe occupare almeno l’80% dello spazio anteriore (larghezza x altezza). Naturalmente, la menzione dell’ “80%” non va considerata come un rapporto fisso e rigido, ma come un modo per sottolineare il ruolo principale svolto dal vuoto.
È importante notare che il vuoto di una tabellone nudo “funziona” come un pentagramma o una tela su cui l’esecutore raffigura una scena utilizzando gli elementi selezionati. Da essi emergono direzionalità e movimento creando un’unità.
Considerazioni nell’esposizione in basso: Rifugio presso il ruscello, Furuya (Giappone)
Questa composizione raffigura una scena autunnale che suggerisce il rifugio isolato di un monaco in montagna, vicino a un torrente. Le prime gru sono arrivate portando con sé le prime nevicate.
La percezione del vuoto e della stagione è rafforzata dalla carta bianca del rotolo e la direzione è segnata dalla posizione della luna piena e della pietra, che scorre da sinistra a destra, senza impedimenti, con un drago che sta volando.
L’immagine stessa occupa tutta l’area ad essa riservata e solo le porzioni bianche utilizzate per disegnare la luna e le gru e la variazione dei toni di grigio introducono piccole macchie di vuoto. La compensazione è data dal bianco circostante del cartiglio.

È consigliabile evitare l’occupazione totale dello spazio assegnato al dipinto, almeno, introdurre effetti di compensazione, come appena detto sopra. A mio avviso, il dipinto non dovrebbe sfruttare appieno la larghezza del rotolo, come accade negli esempi seguenti:

(foto a e b): I disegni occupano l’intera larghezza del foglio, producendo un effetto di sovraffollamento.
(foto a): Le gru sovradimensionate e la luna del dipinto mi sembrano poco realistiche.

(Foto b): Una presentazione alternativa del dipinto delle gru e della luna in cui il vuoto è rafforzato.

(Foto c): Il dipinto appare troppo denso: troppe montagne, due iscrizioni e un sigillo, che invadono lo spazio vuoto del disegno originale.
b) Equilibrio
L’equilibrio è il risultato dell’uso ottimale dello spazio disponibile nel tentativo di rendere la scena composta coerente e comprensibile, permettendo allo spettatore di completare la suggestione o di avere percezioni alternative.
A tal proposito, è opportuno che le dimensioni degli elementi e degli oggetti siano in una proporzione accettabile ed in accordo con la loro importanza e posizione relativa. Ad esempio, un piccolo uccello (un passero) che becca il terreno in cerca di semi non dovrebbe essere raffigurato in un kakemono. Tuttavia, una gru o un gruppo ridotto di cervi a media o lunga distanza possono rappresentare il tema di un dipinto e creare una prospettiva di profondità senza prevalere sulla pietra.
La questione dell’equilibrio riguarda anche il posizionamento degli elementi: considerando un’esposizione a tre elementi, il kakemono/kakejiku dovrebbe occupare la posizione centrale, senza sovrapporsi alla presentazione della pietra. In relazione al rotolo, la pietra dovrebbe essere più vicina ad esso rispetto al complemento orizzontale (terzo elemento). Inoltre, guardando da sopra, i tre elementi dovrebbero indicare un triangolo scaleno, con il cartiglio che indica l’angolo più distante ( quello più acuto). Il posizionamento del complemento orizzontale può contribuire a creare la prospettiva: una figura od un oggetto relativamente troppo grande spesso si adatta meglio quando è più vicino all’osservatore; al contrario, una figura o un oggetto relativamente troppo piccolo spesso si adatta meglio quando è più lontano dall’osservatore.

(A sinistra: il rotolo contiene una pittura a tanzaku di fiori e una linea decorativa in basso che raffigura il tetto di un edificio. Questo introduce una confusione, poiché i fiori sembrano dietro il tetto anziché davanti. In ogni caso, occupano la maggior parte dello spazio del disegno. L’evidente direzione verso destra indica che la visualizzazione non deve essere verticale ma obliqua.
(Centro): Le dimensioni e la posizione dell’aquila contenuta nel tanzaku si adattano a uno yamagata suiseki (pietra montagna) e consentono una visualizzazione verticale diritta o inclinata verso sinistra.
(A destra): Il colore del rotolo di sacco introduce una certa confusione sul momento della scena, poiché contraddice il tema notturno del dipinto raffigurato nel tanzaku. Le dimensioni della luna portano
a una Yamagata (pietra montagna) di media distanza, poiché sarebbe troppo grande per un Toyama (montagna distante). La posizione del sigillo nel tanzaku suggerisce un’esposizione verticale diritta.
c) Armonia
Equilibrio e armonia appaiono molto spesso mescolati e potrebbero essere considerati congiuntamente come coerenza. Ad esempio, l’esempio in basso mostra una mancata corrispondenza tra i colori del rotolo e la raffigurazione della luna nel tanzaku che produce una mancanza di armonia, come già detto.
Tuttavia, percepisco l’equilibrio riferito alle incoerenze materiali/visive, mentre la percezione dell’armonia deriva dal mondo immateriale dei sentimenti e dei legami culturali. Un esempio evidente potrebbe essere una composizione che mostra contemporaneamente degli alberi (inverno) e dell’ uva (estate). Un’altra incoerenza sarebbe quella di mescolare aspetti del giorno e della notte nella stessa composizione. In termini positivi, la considerazione del tempo apre due strade: in termini di stagione all’interno dell’anno e in termini di momento all’interno del giorno: in alcune situazioni fortunate, è possibile indicarli in un’unica visualizzazione. L’armonia può anche riguardare la risonanza della scena suggerita, interna e/o esterna.
Hagoromo, pietra Neo kikka-seki (Giappone) e non esposta a Reus.

La risonanza (o ripetizione) interna avviene quando una caratteristica della pietra, o la pietra nel suo insieme, si rivolge a un altro elemento o oggetto della composizione (eco). Uno degli esempi più che posso fornire è questa pietra raffigurata in diversi cataloghi di suiseki giapponesi e il rotolo che di solito l’accompagna.
Apprezzo subito il fatto che l’albero raffigurato nel rotolo replichi il movimento della pietra, che rappresenta una danzatrice Nō che recita la scena della danza finale di Hagoromo, una famosa e antica opera teatrale Nō.
Titolo: “La liseuse”, Liguria (Italia). (non esposto Reus). Dono di Andrea Schenone (foto in basso).

Questo esempio di risonanza esterna mi permette di mostrare una mia pietra che spero accetti la straordinaria somiglianza tra la pietra e il famoso dipinto del maestro impressionista Claude Monet. A mio avviso, l’eco tra la pietra e il dipinto è evidente.
Questo caso esemplifica che l’eco non è una ripetizione, ma la percezione di un legame tra forme, movimenti e/o ricordi.
d) Eleganza (shibui)
La maggior parte delle persone interessate all’arte o alla cultura giapponese ha sentito parlare dei quattro principi estetici e filosofici di wabi-sabi, shibui-yugen. Sebbene la prima coppia (wabi-sabi) abbia ricevuto maggiore attenzione e sia spesso citata in libri e articoli dedicati e nel mondo del bonsai, mi permetto di ritenere che sia la seconda coppia (shibui-yugen) quella che più si adatta alla pratica del suiseki e del seki-kazari e che sia meglio pensare di applicare separatamente.
La percezione dell’eleganza dello shibui è legata ai motti “less is more – meno è meglio” ed”evitare la ripetizione e/o l’ostentazione”; l’attenzione deve invece essere rivolta alla differenziazione degli elementi e degli oggetti della composizione.
Mondalindo
Il nome della pietra si riferisce a una montagna nei dintorni della città di Madrid, inaffiata e con scarsa e bassa vegetazione (vedi foto in basso).

La composizione ha un aspetto più sobrio e discreto, utilizzando un vassoio di legno che ricorda quelli utilizzati nel XV secolo in Giappone; si potrebbe dire che l’insieme possiede una qualità wabi.
Occhio d’aquila
Questa pietra (vedi foto in basso) è stata denominata “occhio d’aquila”. È evidente che l’espositore ha un sincero interesse per il suiseki e ha dedicato tempo e sforzi per preparare la composizione. La pietra è bellissima, il daiza è stato lavorato con delicatezza, anche se un po’ in eccesso dimensionalmente, forse più basso sarebbe stato meglio.
A mio parere, la visualizzazione complessiva appare “sovraffollata” e diversificata e potrebbe essere migliorata: riducendo il numero di elementi, realizzando una daiza meno ornato e con una esposizione più semplice. D’altra parte, il complemento orizzontale potrebbe essere eliminato o sostituito da un altro oggetto visualizzato in modo simile a quello degli altri elementi.

e) Suggestione (yugen)
La “lettura” di opere d’arte di qualsiasi tipo offre spesso strati successivi e progressivi di comprensione, a volte, gli strati sono stati nascosti in modo delizioso dall’autore, ma altre volte vengono scoperti e portati alla luce dal “lettore”.
Ci sono alcuni argomenti da considerare; uno di questi è dare o non dare un nome ai suiseki. Personalità di spicco del mondo del suiseki sostengono un criterio restrittivo nel dare ai suiseki un nome specifico, quindi solo storico o rinomato; tuttavia, non condivido questa posizione. Al contrario, sostengo che dovremmo cercare di “battezzare” ogni pietra della nostra collezione; questo non è solo un segno d’amore per una compagna che vive (o vivrà) con noi per anni e che ha attirato la nostra attenzione durante il processo dal nostro primo incontro, passando per il periodo di pulizia e preparazione, vestendola con un supporto adeguato e dedicato ed infine esponendola per il nostro piacere privato o presentandola in eventi pubblici. Il nome è utile anche per l’identificazione; torniamo alla pietra del punto c)2. (La liseuse), qual è secondo voi il modo migliore per riferirsi a lei: pietra oggetto, pietra persona o “Le liseuse”? Sono sicuro che conoscete la mia risposta.
Ho sentito l’argomentazione che dare un nome a una pietra riduce o limita il suo potere suggestivo, se è così, perché le pietre storiche o i capolavori ricevono nomi particolari? E così facendo, non si riduce forse la loro qualità suggestiva?
Scogliera costiera (foto in basso)
Questa pietra è stata esposta nell’Esposizione con il nome “Coastal cliff” e sono d’accordo che la pietra possa produrre tale suggestione. Tuttavia, mi trasmette immediatamente la suggestione dell’avvicinamento a una parete di montagna o la tappa finale di un lungo viaggio di esplorazione verso un luogo segreto. E sono sicuro che non sono le uniche suggestioni possibili.

Notte di fuoco, montagne lontane, California (U.S.A.). Dono del defunto Felix Rivera (foto in basso)
La pietra è mia ed è stata esposta a Reus come composizione di un solo elemento. È con me da circa 20 anni come regalo, daiza compresa, da parte di uno dei miei mentori, il compianto Felix Rivera. Durante questi anni, la pietra era rimasta silenziosa e senza nome, ma non trascurata.
Quest’anno l’ho proposta a Reus e lei ha accettato, ma mi ha imposto la richiesta di “battezzarla”. Questa si è rivelata una sfida: la pietra è bella, ma la sua forma è piuttosto ordinaria e la sua consistenza uniforme, con quasi nessuna variazione. Poi ho notato che la sua caratteristica più interessante non era la forma, ma il gioco di colori biancastri e neri: non era una pietra di forma, ma una pietra di disegno, così ho capito che raffigurava una bella scena notturna di una persona solitaria che si preparava a dormire in una casa di campagna collocata in un deserto o pianura, con alcune montagne ancora troppo lontane. Comunque, credo di non essere ancora arrivato alla conclusione di questa pietra. A proposito, cosa ne pensate della presentazione?

La scelta di un nome [poetico] si rivela spesso una vera sfida. Sono dell’opinione che i nomi meramente descrittivi come “paesaggio”, “alta rupe”, “capanna isolata”, “cascata filiforme”, e così via, dovrebbero essere evitati perché indicano solo caratteristiche già visibili e quindi causano ripetizioni e nessun suggerimento o indizio di “lettura”. Va inoltre notato che il nome della composizione può (ed a volte dovrebbe) differire dal nome della pietra, nella misura in cui la composizione nel complesso può aggiungere suggestioni alternative; l’attore (suiseki) può rimanere lo stesso, ma il gioco (kazari) è aperto ai cambiamenti.
Questi sono solo esempi dell’uso del nome per rafforzare il potere suggestivo della pietra. Ma il potere di suggestione può essere espresso anche in altri modi, come leggere rotazioni dell’angolo di visuale della pietra e l’uso sapiente e la combinazione degli elementi del complemento, per citarne solo due.
f) Individualità
A questo, può darsi che un lettore di queste note (se c’è almeno un lettore) abbia percepito che le caratteristiche indicate nei punti precedenti sembrano mostrarsi come una progressione evolutiva da uno all’altro, e i confini tra loro sono piuttosto confusi. Sì, caro amico, hai ragione; e, se è così, è altamente probabile che tu abbia percepito che queste caratteristiche spesso si sovrappongono.
Tutte le indicazioni contenute in precedenza portano a una percezione olistica dell’individualità (o della singolarità, se si preferisce), in quanto le caratteristiche permeano qualsiasi aspetto, materiale o immateriale della composizione: tempo, spazio, coerenza, legami, ecc. “E pluribus, unum- da molti uno”.
Vorrei sottolineare che questi orientamenti sono utili sia per i suiseki esposti da soli, sia per i seki- kazari che coinvolgono elementi ed aspetti complementari come lo stile (wabi o shoin), il tipo di esposizione (toko, tana o chigai), la stagione ed il momento, la simmetria e l’asimmetria, il tema del kakejiku/kakemono, l’impermanenza, ecc.
In base alla mia esperienza, mi permetto di suggerirvi di cercare nei settori correlati della cultura e della filosofia giapponese, come la storia, il buddismo, l’arte e la cerimonia del tè. Sono tutti collegati e interferiscono in reciproco. Più ampia sarà la vostra conoscenza, maggiore sarà la profondità della vostra comprensione.
3. Tipi e stili di seki-kazari
In stretto, esistono due tipi principali di seki-kazari: toko-kazari e tana-kazari. Nelle esibizioni pubbliche aperte che contengono diverse composizioni, il tana-kazari è quello più frequentemente utilizzato, anche se non è raro l’uso di uno o più display toko-kazari. Nelle esibizioni ristrette, pubbliche o private, è piuttosto usuale mostrare display toko-kazari.
Quasi tutte le composizioni di toko-seki-kazari contengono almeno due elementi: un suiseki (elemento principale) ed un kakejiku/kakemono (elemento complementare verticale). Nei toko-kazari più larghi di un ken (1,8 metri) è consuetudine includere un complemento orizzontale (tenpai, kusamono/shitakusa), sebbene ciò non sia prescrittivo. Negli attuali seki-tana-kazari l’uso dei complementi verticali è sempre più scarso nelle esposizioni aperte, quindi quello dei complementi orizzontali è sempre discrezionale; tuttavia, negli ultimi anni è più frequente vedere esposizioni contenenti rotoli.
Non ho trovato contributi significativi sull’uso di due o più pietre nelle composizioni di seki-kazari; solo la raccomandazione di evitare le ripetizioni. D’altro canto, però, non è raro vedere composizioni di più pietre collocate in un piccolo mobile aperto con ripiani sfalsati (chigai-dana); il mobile è posto su un bancone, quindi questo potrebbe essere considerato un caso strano di tana-kazari. Tuttavia, le linee guida generali utilizzate nel tana-kazari non sono valide per queste disposizioni. Per esempio, credo che le pergamene non dovrebbero essere utilizzate per queste disposizioni. Inoltre, il vuoto deve essere considerato non solo in relazione allo spazio esterno dell’esposizione, ma anche allo spazio interno di ogni ripiano del mobile. Pertanto, ritengo che sia necessario differenziare il toko-chigai-dana in base al fatto se gli scaffali sia esterni o interni al tokonoma; inoltre ci sono altre questioni che richiedono linee guida: composizioni miste di shoin/mame bonsai e suiseki, elementi complementari collocati al di fuori del chigai-dana, criteri di disposizione, collegamenti tematici e così via.
Per quanto riguarda gli stili, ritengo che la loro differenziazione degli stili in base alle caratteristiche del tokobashira (tronco di legno che definisce uno dei due lati verticali del tokonoma, conferendogli lo stile Shin, Gyo e So), sia inverosimile, irrealistica e poco funzionale (nel caso del tana-kazari), anche se mi rendo conto che è stata introdotta nel periodo Muromachi. Inoltre, bisogna tenere conto del fatto che non è sempre facile conformarsi alle linee guida più semplici per gli stili wabi e shoin. Nonostante ciò, ritengo che gli stili wabi e shoin non dovrebbero essere mescolati nella stessa composizione.
4. Sulle caratteristiche particolari dei kakejiku/kakemono per il seki-kazari
I dipinti e gli scritti storici dimostrano che il tana-kazari veniva utilizzato principalmente per esporre diversi oggetti di valore e curiosi come una collezione e non come un insieme di composizioni individuali ciascuna con un elemento principale. Dall’altro lato, il tokonoma veniva utilizzato per creare uno spazio di venerazione e/o meditazione con un oggetto principale superiore (kakejiku) e spesso un elemento secondario (un incensiere, una o due candele, un oggetto in ceramica, ecc.), spesso nel contesto di una cerimonia del tè; i bonseki erano esposti molto raramente prima del periodo Edo e anche allora non molto spesso); l’uso dei tokonoma per esporre bonsai è stato adottato molto recentemente (dopo il periodo Meiji).
L’unico elemento che si è conservato nella cultura giapponese e che permea tutti i tipi e gli stili di esposizione è il rotolo ed in tono minore, la disposizione fiori (ikebana).
Oggi l’uso delle pergamene nel seki-kazari si sta espandendo, non solo nel toko-kazari, ma anche nel tana- kazari. Tuttavia, ritengo che l’uso corretto di kakejiku/kakemono nel seki-kazari richieda alcune linee guida specifiche utili per entrambi i tipi di kazari.
- Dimensioni del rotolo: altezza (H) e larghezza (W). Equilibrio.
Come già accennato, la maggior parte dei toko-kazari (nei bonsai e nei suiseki) pone la piattaforma di esposizione a un’altezza di 40/60 cm, mentre l’altezza totale dell’alcova è solitamente di circa 210/220 cm; di conseguenza, l’altezza disponibile per l’esposizione è di circa 170/160 cm. Supponendo un’altezza totale dell’elemento principale di circa 35 cm, ci sarà spazio 135/125 cm d’altezza per il rotolo e il flusso di vuoto, l’altezza suggerita per il rotolo non dovrebbe superare gli 85 cm (ribbon appeso incluso). È possibile acquistare pergamene vuote con una dimensione standard di 70altezza x 30 cm larghezza, che si adatta bene alla maggior parte delle composizioni. A seconda delle circostanze, è anche possibile ottenere pergamene vuote nell’intervallo 60H/90H cm.
Nel tana kazari, l’altezza abituale è di 60/70 cm, anche se a Reus era di 100 cm, mentre lo sfondo era fissato a 220H cm; la maggior parte dei rotoli era di 70 H cm e pietra+tavolino erano nell’ordine di 20/30 cm di altezza. Di conseguenza, la maggior parte delle composizioni che utilizzavano il rotolo lasciavano 20/30 cm d’altezza di spazio per vuoto.
Per quanto riguarda la larghezza, è una questione piuttosto complessa stabilire delle linee guida precise sulle dimensioni adeguate, di proporre i seguenti orientamenti:
- Se il rotolo conterrà un tanzaku (dipinto rettangolare lungo 7 x 36 cm circa) o simili, è preferibile scegliere rotoli stretti e allungati (meno di 20 cm in larghezza); una regola empirica dice che la larghezza del rotolo non deve essere il doppio di quella del tanzaku.
- Se il rotolo contiene uno shikishi (dipinto quadrato 27 X 25 cm circa), la lunghezza rotolo può essere due e tre volte quella dello shikishi. Nella maggior parte dei casi sono sufficienti rotoli standard di 70 altezza x 30 cm larghezza. Il rotolo non deve essere più largo del tavolino o della jiita, anche nel caso di calligrafie/pitture in formato orizzontale.
- Le pergamene di tipo tanzaku di solito visualizzate in stile toko wabi. Alcuni esempi di compromissione tra elemento principale (suiseki) e rotolo:
Alcuni esempi di compromesso tra elemento principale (suiseki) e rotolo:

(Foto sopra): Le dimensioni e la collocazione del rotolo permettono al vuoto fluire lungo tutte le composizioni. Le dimensioni e la larghezza del dipinto sono un po’ eccessive.
(foto in basso): Il colore e la larghezza del cartiglio si armonizzano con la pietra, ma l’altezza del cartiglio è eccessiva, in quanto invade lo spazio dell’elemento principale (la pietra) e blocca completamente il vuoto che è slegato e diviso in due lati slegati.

(Foto in basso a partire da sx): L’aggiunta di una piattaforma tatami e la collocazione bassa del rotolo riducono al minimo la comunicazione dello spazio vuoto tra i due lati della composizione. Inoltre, la dimensione delle gru predomina sulla pietra.
Tra l’altro, il suiban sembra piccolo per la pietra. La composizione appare sbilanciata.

(Foto in alto al centro): A mio avviso, le dimensioni degli elementi e degli oggetti possono sembrare equilibrate e i loro colori armonizzati. Tuttavia, le dimensioni del cancello del Torii raffigurato nel kakemono e la collocazione invertita del cancello rispetto alla sommità della pietra rendono la composizione slegata. Lo stretto “corridoio” tra il rotolo e la pietra riduce il flusso del vuoto da una parte all’altra. Il rapporto tra il pellegrino e la montagna può portare a interessanti riflessioni su come “leggere” la composizione e il suo equilibrio.
(Foto in alto a destra): La disposizione della composizione ha come lettura chela pietra è leggermente spostata verso sinistra e il rotolo complementare verso destra. Questi aggiustamenti hanno reso il “corridoio” abbastanza ampio da facilitare il passaggio del vuoto da una parte all’altra e viceversa.
b. Sulla progettazione di kakejiku/kakemono
Quando guardiamo un kakejiku/kakemono (kake, per semplicità), possiamo percepire immediatamente
Due sottospazi di base, l’esterno e l’interno. Anche se ci sono molti colori con diverse opzioni dei motivi per la cornice, il sottospazio di disegno è tipicamente bianco o brunastro chiaro come colore. Si percepiscono anche due tipi principali di disegno in base al loro design: (I) completamente circondando il carteggio; e II) circondando parzialmente il carteggio mediante due strisce, sopra e sotto la cornice.
In ogni caso, ritengo conveniente mantenere la linea guida del vuoto (cioè, il disegno non deve estendersi su tutto lo spazio assegnato); questa linea guida è particolarmente importante nel caso di cornici circostanti parziali.
L’esempio di composizione della foto in basso, precedentemente illustrato in queste note, è esemplificativo: Il rotolo presenta un colore bianco uniforme, per cui la differenziazione delle due strisce della cornice è fatta da due strette sezioni. La sezione centrale così delimitata appare completamente occupata dall’immagine di una luna che emerge da un mare di nuvole su un cielo azzurro. A mio avviso, il risultato è contraddittorio perché suggerisce due momenti diversi della giornata; in termini di impatto visivo, prevale la percezione di un momento di pieno giorno. Tuttavia, produce un’incongruenza se si considera il tono scuro degli oggetti dell’elemento principale, quindi la pietra stessa come la tale l’intera esposizione suggerisce un momento notturno.

Alcuni dei rotoli precedentemente mostrati sono altri esempi dell’effetto dell’uso completo dello spazio del disegno. Inoltre, occorre sempre considerare un equilibrio tra spazio esterno e interno che migliora il vuoto.
Un altro punto da tenere in considerazione è dove posizionare le aree vuote nel cartiglio e/o nello spazio del disegno. Mi permetto di condividere alcuni suggerimenti basati sull’osservazione e sul confronto di un certo numero di composizioni contenenti suiseki e kakejiku/kakemono:
- La percezione della profondità aumenta con la distanza tra la cima della pietra e il fondo del rotolo e/o lo spazio del disegno.
- Nel caso dei dipinti, quando l’area vuota è collocata nella parte superiore dello spazio del disegno, l’oggetto/scena dipinta appare più vicina allo spettatore; quando l’area vuota è collocata nella inferiore, appare più distante dallo spettatore. Questo si nota soprattutto quando si utilizzano i formati tanzaku.
- L’uso di caratteri kanji antichi e grandi che occupano gran parte dello spazio del disegno inverte la percezione di quale sia l’elemento principale della composizione; in altre , la calligrafia diventa l’elemento principale, mentre la pietra sembra essere l’elemento complementare.
- Il contrasto tra colori e toni scuri e chiari influenza l’apprezzamento della profondità e i diversi gradi di dettaglio degli oggetti dipinti.
- Quando un ramo o una parte di albero appaiono in un lato del quadro, rivolgendosi al centro e al di sopra di una scena lontana, la percezione della profondità migliora.
- Se la scena dipinta è lontana (ad esempio, un toyama), il sole o la luna devono essere più piccoli.

(A sinistra in alto): Gli oggetti e le caratteristiche della composizione sono ridotti al minimo; in particolare, il kakemono raffigura solo un’oca in alto, quindi la sensazione di profondità ed isolamento è assoluta. In ogni caso, mi chiedo se un posizionamento più basso dell’oca migliorerebbe l’equilibrio ‘oca e il bellissimo toyama-ishi.
(Centro-sinistra): La nota composizione in coppia di Rozan (Li Po) e del rotolo raffigurante una cascata si riferisce alla famosa scena “Li Po che guarda la cascata di Lu-shan“. Tuttavia, ritengo che la composizione considerando i suoi due elementi separatamente blocchi il livello del vuoto. Credo che un rotolo e un dipinto più piccoli (lasciando quindi più spazio vuoto) migliorerebbero la suggestione.
(Centro-destra): La collocazione al centro è particolarmente appropriata per questa composizione. È da notare il colore bianco del rotolo di supporto che rafforza la percezione del vuoto. Una luna più piccola migliorerebbe l’equilibrio.
(A destra): A parte il fatto che a sinistra tutte le altre composizioni presentate presentano rotoli che superano le dimensioni del suiseki, che dovrebbe essere l’elemento principale. Nella composizione a destra la cornice del rotolo è addirittura più larga del tavolino-shoku realizzato per il suiseki. Inoltre, il motivo del disegno è quasi impercettibile.

(foto in alto a sinistra): Osservando questa composizione, percepisco immediatamente due zone non collegate tra loro, quella superiore e quella inferiore. Quest’ultima suggerisce un viandante o un pellegrino che si dirige verso un gruppo di montagne lontane (del tipo “yama kanji”); apparentemente e sorprendentemente, l’uomo che cammina guarda davanti a sé invece che verso le montagne. Le diverse dimensioni relative dei due soggetti rafforzano la suggestione della profondità. Il rotolo è così grande e più largo non solo del suiseki, ma anche del suiban e del tavolino. Inoltre, i kanji sono così grandi e antichi che predominano e attraggono lo spettatore (confesso di non sapere cosa significhi questa frase).
(foto in alto centro): Sebbene il suiseki ed il tavolo siano più grandi di quelli della composizione precedente, il rotolo più piccolo e più chiaro contribuisce a collegare le zone superiori e inferiori.
(foto in alto a destra): Questa composizione contiene un lungo testo che copre gran parte dello spazio del disegno. Tuttavia, le dimensioni dei kanji sono molto più ridotte rispetto a quelle delle composizioni precedenti e il colore della cornice è piuttosto simile a quello della del tokonoma; inoltre, la collocazione al centro degli elementi permette di accettare il vuoto tra i due lati del display.
5. Sul complemento orizzontale (terzo elemento)
La maggior parte delle composizioni seki-kazari esposte nelle esibizione di Reus mancava del complemento orizzontale. Ho già suggerito in precedenza la convenienza di ometterlo per due principali motivi pratici: lo spazio complessivo disponibile e le esperienze passate di oggetti che sono andati via durante le esibizioni. Va inoltre menzionata la difficoltà e il costo di ottenere oggetti adeguati. Mi limiterò quindi a esprimere alcune considerazioni di carattere generale sulla pertinenza e sull’uso di progetti tradizionali e nuovi che potrebbero essere utilizzati a fini di complemento orizzontale.
L’introduzione di un complemento orizzontale in una composizione seki-kazari fa sì che l’elemento principale (suiseki) debba essere posto al centro, così come a volte il complemento verticale (cartiglio -rotolo). A mio avviso, questo è un effetto, ma non una causa, dell’uso del complemento orizzontale.
I complementi orizzontali sono utilizzati in modo vantaggioso per indicare la stagione e/o l’ora del giorno, un particolare evento o come suggerimento per “leggere” la scena proposta, oltre che per migliorare la profondità. Nella maggior parte dei casi, sono collocati a una distanza maggiore dall’osservatore rispetto all’elemento principale.
- Il problema della scala
Qualunque sia l’oggetto che si intende utilizzare come complemento orizzontale, le sue dimensioni devono mantenersi in equilibrio con quelle del soggetto principale. Per esempio, quando si progetta e si coltiva , l’obiettivo è che una pianta alta qualche centimetro sia percepita come un grande albero di diversi metri; sebbene sia possibile, dopo anni di attento lavoro, far sì che la pianta acquisisca una forma complessiva del tronco e dei rami simile a quella di un albero vero e proprio in natura, tale obiettivo non può essere pienamente raggiunto per quanto riguarda le foglie, i fiori e i frutti, anche se si utilizzano varietà “nane”. Tuttavia, un osservatore attento è in grado di percepire la somiglianza del piccolo albero con un numero limitato di foglie e fiori/frutti con un albero di dimensioni reali. Questo è un esempio di rappresentazione e percezione simbolica.
Nelle arti plastiche, dall’antichità a oggi, le differenze dimensionali sono utilizzate per indicare la rilevanza degli elementi contenuti in una scena globale. Questa pratica implica che il simbolismo prevalga sulla realtà. In altre occasioni, le differenze di dimensione vengono utilizzate per creare l’illusione della distanza, in modo che una rappresentazione bidimensionale venga percepita come tridimensionale.
Nel creare una composizione seki-kazari, dobbiamo trarre dall’illusione prodotta attraverso un sapiente uso di oggetti con rapporti di grandezza (scala) diversi rispetto ai rispettivi originali, cercando il giusto equilibrio tra di essi per ottenere una percezione univoca, ma in alcuni casi lo spettatore deve collaborare accettando un certo grado di simbolismo. Le composizioni bonkei/bonseki progettate dalla Hosokawa School Bonseki e incluse nei cataloghi annuali della Nippon Suiseki Exhibition possono rivelarsi fonte di ispirazione.
- Kusamono/shitakusa e altri oggetti vegetali
Cominciamo con le piccole piante, erbe, felci, muschi, fiori e così via (kusamono/shitakusa). Sebbene il termine kusamono sia il più usato, la sua traduzione letterale sarebbe “oggetto/i d’erba”, mentre shitakusa significherebbe “erba [collocata] in basso”.
In ogni , mantenere la giusta umidità durante il periodo dell’esposizione è un compito difficile quando si utilizzano piante vive. Un altro problema è quello di fare attenzione che i visitatori non le tocchino o addirittura le prendano.
Vorrei suggerire che, quando si utilizzano oggetti vegetali, il suiseki dovrebbe essere collocato su uno shoku (tavolino di presentazione) più alto per evitare di collocare i due elementi allo stesso livello. Il suiseki deve essere posto su un tavolo (shoku) di presentazione sempre più in alto, evitando che la pianta sulla sua piattaforma di presentazione possa raggiungere o superare la sommità del suo tavolo di presentazione, entrando così in competizione il soggetto principale.
Altri suggerimenti o osservazioni:
- Non si devono utilizzare piante e altri oggetti vegetali se sono già percepiti nel rotolo;
- Muschio, erbe e felci richiedono una maggiore attenzione all’umidità. È opportuno indicare la primavera e forse l’estate e persino l’inizio dell’autunno, ma non tanto per l’inverno.
- Quando si usano alberi e cespugli, dovrebbero essere di dimensioni mame e la loro forma dovrebbe
- armonizzare quella del suiseki (v.gr.: un albero a cascata probabilmente non si armonizzerà con un suiseki toyama o shimagata, mentre una pietra capanna o figura potranno essere ben accettate se di proporzioni adeguate ad un albero/bonsai maestoso). La direzione delle piante simili a bonsai dovrebbe essere verso il suiseki. Nel caso di stili bonsai inclinati, a cascata o literati possono contribuire a migliorare la profondità se la loro cima si trova sopra quella del suiseki. Al contrario, i tipi di bonsai formali/informali e verticali dovrebbero essere posizionati su jiban/jiita e non su tavolini.
- I fiori devono essere preferibilmente piccoli, scarsi e selvatici, con steli corti. Uno o due fiori recisi possono occasionalmente essere utilizzati in vasi piccoli e stretti, come una wabi ikebana. Se vengono posizionati in modo obliquo, l’inclinazione deve essere verso il suiseki.
- Piccoli tronchi o rami morti, spesso meglio se disposti orizzontalmente, possono trovarsi in un suiban sulla sabbia o sopra una jita (tavola).
- Piccole figure (tenpai/tenkei)
Sono molti i praticanti occidentali di suiseki e seki-kazari interessati a ottenere piccole repliche artigianali o prodotti originali, soprattutto giapponesi e persino cinesi. Come per altri articoli orientali quali: tavoli, dipinti, vasi e persino suiseki, il compito non è così facile, a causa della difficoltà di accedere ad articoli di qualità in Europa, per i prezzi elevati dei costi di trasporto, nonché dei dazi e delle tasse di importazione. Per questo motivo, non è casuale che si vedano figure simili o identiche nella stessa esposizione.
Va inoltre notato che gli oggetti sono ispirati a motivi e forme orientali il cui significato non è sempre pienamente percepito dai praticanti occidentali, per cui equilibrio e l’armonia possono essere invertiti o influenzati negativamente. In molti casi, le figure non sono state progettate o prodotte per essere utilizzate esclusivamente per kazari di bonsai o suiseki, ma più spesso orientate a composizioni di tipo bonseki/bonkei o diorama. Anche se una figura di 5 cm o meno che raffigura una persona, un tempio, un albero, un animale, ecc. sarà sempre fuori scala rispetto a una cascata, una montagna o un’isola. Quindi, non solo in queste situazioni il contributo della figura alla scena proposta sarà molto spesso poco evidente, ma rischia di scomparire da un momento ‘altro.
Altri suggerimenti e osservazioni:
- figure umane e animali raffigurano immagini di corpo pieno in modo preferenziale.
- Le figure umane devono avere un’altezza di 10-15 cm; quelle di animali, navi e barche e 5-10 cm.
- Si dovrebbero evitare figure umane che rappresentano guerrieri in abiti sontuosi e colorati. Di solito si preferiscono figure che rappresentano persone comuni o che esercitano vecchi mestieri.
- Occasionalmente, figure che rappresentano danzatori Nō, attori e figure di Kabuki e altre arti sceniche sono incluse in composizioni vestite con abiti dai colori brillanti, come complemento orizzontale; spesso le loro dimensioni superano i 15 cm di altezza. A volte li trovo distraenti, non si tratta di un problema legato alla composizione nel suo complesso, ma è più probabile che la mia riluttanza sia indicativa della mia scarsa comprensione della cultura giapponese.
- D’altra parte, mi permetto di suggerire che le figure ispirate alle attività e ai motivi popolari e tradizionali occidentali possono essere utilizzate con successo nel seki-kazari, a condizione che siano in accordo con i principi e i criteri estetici di applicazione a quest’arte e precedentemente indicati in questi commenti.

Quando si utilizzano figure di animali, a mio avviso è preferibile utilizzare non più di 3 individui e di una sola specie; l’uso di più individui dovrebbe essere utilizzato nella misura in cui essi aggiungono una particolare nota di suggestione alla ‘lettura’ della composizione (ad esempio, un gruppo di due cervi, maschio e femmina, o due gru suggerisce la stagione autunnale dei rituali d’amore ; l’aggiunta di un terzo elemento, un individuo giovane della stessa specie, non indica solo un periodo successivo ma un sentimento familiare).

- Per le figure e la maggior parte degli oggetti, lo stile wabi è caratterizzato dall’uso di materiali lignei e argillosi non smaltati, da colori scuri e spezzati e dall’uso limitato di colori bianchi o chiari. Qualunque sia il materiale utilizzato, le figure e gli oggetti non devono sembrare nuovi, ma vecchi e dotati di patina. È quindi preferibile non utilizzare figure metalliche dorate (che riflettano il “nuovo”); figure e oggetti di bronzo bruno o verdastro favoriscono l’armonia della composizione.
In generale le ceramiche smaltate e invetriate tendono ad adattarsi meglio per le composizioni in stile shoin e anche in questo caso la presenza della patina è gradita; i contrasti netti a volte distraggono l’attenzione.
- La pulizia delle figure e degli oggetti è imperativa, quindi ogni traccia di sporco o polvere deve essere accuratamente eliminata prima di disporre la composizione.
- Oggetti legati alla cerimonia del tè e altri utensili
Sebbene le indicazioni riportate nella precedente lettura siano valide per qualsiasi oggetto inanimato da utilizzare come complemento orizzontale, ritengo opportuno fare riferimento separatamente a quelle relative al chanoyu (cerimonia del tè).
È importante notare che:
- L’uso del toko come strumento per il kazari si è notevolmente evoluto dall’introduzione dell’oshi-ita nel XIV secolo, inizialmente come spazio di venerazione e culto degli antenati trasformato in punto focale e riservato per celebrare il chanoyu, e fino ad oggi come strumento per eseguire nuovi tipi di kazari.
- Sebbene i principi del kazari siano fondamentalmente comuni a prescindere dall’oggetto principale, il tipo e le caratteristiche dell’oggetto principale portano a differenti criteri da utilizzare, lasciando così spazio a diversi tipi di kazari. Gli oggetti più comunemente scelti come elementi principali sono: i rotoli (kakejiku/kakemono), i fiori (ikebana), le pietre (bonseki/suiseki) e le erbe/muschi/fiori (kusamono/shitakusa); il bonsai è solo l’ultima aggiunta alla “lista” degli oggetti principali utilizzabili.
- In una stanza o in una casa/capanna per la cerimonia del tè tradizionale è consuetudine utilizzare tre toko diversi:
- oshi-ita/tokonoma (il toko principale);
- tsuke-shoin (tavolo di scrittura attaccato a una finestra);
- toko-waki (toko ausiliario). Nelle esibizioni pubbliche e nelle abitazioni moderne è consuetudine utilizzare solo un toko-waki. I ripiani sfalsati (chigai-dana non indipendenti) sono solitamente incorporati al tipo toko-waki. Una classe di oggetti può essere scelta come oggetto principale in un tipo di kazari, ma può anche utilizzata come complemento in altri tipi tipi.

In base all’ambientazione in cui sono originariamente collocati o utilizzati, oserei impostare questi gruppi di oggetti adattabili (principalmente orizzontali) per: uchiroji, tokonoma/oshi-ita, tsuke-shoin, furo, che dettaglierò in basso. Presumo che le composizioni debbano essere disposte in un toko-waki senza allegare un chidai-gana.
- Uchiroji
È una zona di attesa all’esterno dello chashitsu (sala/casa da tè), in cui gli ospiti rimangono finché non vengono chiamati per iniziare la cerimonia del tè. Come complementi vengono utilizzate riproduzioni in scala di diversi oggetti presenti in essa, come ad esempio:
- Tsukubai: contenitore di pietra per l’acqua di lavaggio che riceve l’acqua utilizzata per le abluzioni.
- Tsukubai-shaku: mestolo utilizzato per lo tsukubai.
- Geta, zori: sandali (si lasciano prima d’entrare nella sala da tè/casa). Cappelli (gasa), ombrelli (wagasa), ventagli (uchiwa), bastoni (sutekki).
- Tokonoma/oshi-ita
Come già detto, entrambi i tipi di alcova incassata si sono evoluti quasi contemporaneamente da spazi in cui collocare altari devozionali e/o in cui sedevano l’ospite o il suo principale ospite. In una scala tokowaki attuale, le riproduzioni degli oggetti esposti nei tokonoma e negli oshi- ita possono andare bene come complementi:
- Portacandele (credo che ne basti uno, invece di due, come si usava tempo fa).
- Tatehana: un’antica forma di ikebana, in cui utilizzavano 3 tipi di fiori o rami. Sen-no Rikyu utilizzava talvolta un singolo ramo in un contenitore di bornzo o in un vaso di ceramica, ed era secondo solo al kakejiku
- Hanaire: conl’uso di rami di solito di bamboo o di paglia . Sebbene inizialmente fossero inchiodati al palo del toko (tokobashira), possono essere utilizzati all’interno del toko, come alternativa al kakemono.
- Tsuke-shoin
Si tratta di un’alcova con uno scrittoio rivolto verso una finestra (shoin). Spesso è collocata ad angolo retto con il tokonoma, fornendo luce allo scrittore (quando è al lavoro) ed alla composizione esposta nel tokonoma; occasionalmente sullo scrittoio sono collocati deglo oggetti di accompagnamento. Per quanto riguarda i commenti e gli appunti presenti, vi collego oggetti d’ uso per la scrittura e il disegno, a grandezza naturale o in scala ridotta.
- Piccoli contenitori per l’acqua, diapositive per l’acqua;
- Bastoncini d’inchiostro;
- Pennelli e penne; Sigilli di garanzia.
- Furo
Includo in questo gruppo gli oggetti utilizzati durante il chanoyu. Sebbene la maggior parte di essi possa essere utilizzata nel kazari a dimensioni reali, quelli più grandi (ad esempio, i bracieri) sono utilizzati come oggetti per il kazari a dimensioni ridotte.
- Ciotole da tè (chawan), vasi (mizutsugi), contenitori per l’acqua (mizusashi).
- Bracieri, pentole, bollitori, contenitori per il tè (chaire), palette per il tè (chashaku).
- Fischietti (chasen), mestoli per l’acqua (hishaku).
Quando si utilizzano oggetti in ceramica e argilla, questi sono esposti alla rottura. Quando i pezzi sono abbastanza grandi da poter ricostruire la forma originale, è possibile riparare l’oăject con la tecnica del kintsugi. Questa tecnica consiste nell’unire i pezzi “incollandoli” con la lacca urushi mescolata con oro e argento; la lacca urushi si ricava dalla linfa di alcuni alberi, ma attualmente sono in commercio anche resine epossidiche artificiali. L’effetto finale è simile a quello delle grandi finestre saldate delle chiese. Ritengo che sia una risorsa che può essere utilizzata a volte per , tazze e barattoli da tè, anche se non è consigliabile per bere.

Sopra un esempio di kintsugi adatto allo stile shoin.

Sopra un esempio di kintsugi adatto allo stile wabi.
La panoramica riassuntiva degli oggetti che possono essere adatti a una composizione kazari come complemento orizzontale è ovviamente incompleta e non affronta completamente tutti gli infiniti dettagli e sfumature; inoltre, sono convinto di essere incorso in più errori ed imprecisioni. Ma nonostante , spero che abbia svelato al lettore interessato un mondo infinito di variazioni, di suggestioni e di creazione di composizioni sceniche che possono essere realizzate su una sola pietra e con non più di tre elementi materiali; infine un piccolo accenno per introdurre un importantissimo elemento immateriale: Il nome [poetico]; ma questo è un tema per un prossimo numero, mentre vi anticipo l’argomento della seconda parte che riguarderà il tema:
“Dell’alterazione delle pietre nell’arte suiseki”
Mi rendo conto che sembra strana l’introduzione di questo titolo dopo aver trattato in precedenza argomenti generali sul seki-kazari. In effetti, la questione se sia accettabile o meno alterare la forma della pietra per ottenere un suiseki o per migliorarne la qualità esula dall’ambito del seki-kazari; pertanto, ritengo che trattarlo ed includerlo nel prossimo numero sia giustificato. La ragione immediata è che questo tema è emerso di nuovo nella Suiseki Exhibition di Reus, portandomi a sentirmi in dovere di rinfrescare i fatti e il contesto relativi alla questione, il tutto prossimamente nella seconda parte.
grazie della lettura,
Jesus Quintas (qseki) Gennaio 2025
AIAS Staff (Aldo Marchese) riproduzione riservata
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