Yuraiseki (V): Zansetsu, Banri Kozan, Kyusen Hakkai e le vecchie pietre “perdute”.
Di Jesús Quintas (qseki)
PARTE SECONDA
2. Banri Kozan
2.1. Tradizione tramandata
Per anni ho considerato “Banri Kozan” un caso di pietra perduta: non avevo trovato alcuna immagine o informazione su di essa, ma solo alcuni riferimenti al significato di quel nome: un’ampia catena di montagne, la cui ubicazione era indicata o in Giappone o in Cina.
Nei miei sporadici ma relativamente frequenti “viaggi” nel Densho-seki sono solito cercare indicazioni su nomi, origini ed età delle pietre raffigurate. Si tratta di un tentativo piuttosto particolare, in quanto la mia conoscenza della lingua giapponese può essere considerata “nulla”: solo la scrittura dei numeri (così, quando trovo quattro simboli numerici consecutivi ne deduco che costituiscono un anno), le tavole dei sillabari kana e la scrittura kanji di alcuni luoghi delle pietre; e le immagini, naturalmente.
Mentre preparavo questo capitolo della serie, mi sono fermato alle pagine 84-85 del Densho-seki. La pietra sembrava antica, soprattutto se si considerano gli oggetti che la accompagnano, ma nel commento non era apparentemente riportata alcuna indicazione di data. Tuttavia, la prima riga verticale del commento indicava in hiragana “banri koozan”. Potrebbe essere la yuraiseki assegnata al periodo Ashikaga da Murata Kenji?
Grazie alla mediazione di José Antonio de Frutos, mio amico e collezionista di suiseki, ho ottenuto una traduzione inglese comprensibile del commento. Questa traduzione si è rivelata particolarmente proficua e mi ha permesso di riassumere il commento come segue:
- “Banri Kozan” sembra legata al clan Nanbu che governò la regione di Tohoku dal 1300 alla fine dello shogunato Tokugawa (1869).
- L’autore di ‘Unkon-shi’, Sekitei, la definisce una pietra risalente a più di 1200 anni fa (sembra un po’ esagerato, perché implicherebbe che la pietra fosse apprezzata già nel VII secolo, proprio agli inizi del Giappone imperiale).
- Sekitei afferma inoltre che la pietra era conservata nel tempio Komyoji di Nishiyama Kuryu, a Kyoto.
- Nella pergamena di accompagnamento è indicato che “la pietra raffigura la cima del monte Wanlijiang e la linea dell’acqua che cade dalla cima”.
2.2. Contesto culturale e storicità
Come riportato sopra, il nome “banri koozan” conferito nel commento incluso nel Densho-seki (p. 84) dovrebbe essere tradotto in inglese come “Wanglijiang Mountains”. Dall’altro lato, in Pitelka 2016 (p.45) “Banri Kozan” è indicato come il titolo di una pergamena utilizzata in una cerimonia informale del tè tenuta da Nobunaga e tradotto come “Ten Thousand Miles “ (Diecimila miglia). A prima vista, la differenza è notevole.
Tuttavia, ritengo che queste differenze siano più apparenti che reali, se si tiene conto di quanto segue:
- “Ten Thousand Miles” è l’equivalente inglese dell’antico termine cinese “Ten Thousand Li”, usato per indicare distanze o estensioni molto lunghe. Nel contesto di un panorama naturale si riferisce alla magnifica vista di un vasto paesaggio (di montagne).
- I Monti Wanglijiang (più comunemente chiamati Monti Lijiang) sono un’ampia estensione di alte vette (che superano i 4.000 metri di altezza), situate nelle vicinanze della città di Lijiang, nella provincia cinese dello Yunnan. Una delle montagne più famose e visitate è la “Jade Dragon Snow Mountain” (Montagna di neve del Drago di Giada).
- Come indicato in precedenza, il dominio Honsoku era nel periodo Edo sotto il dominio del clan Nanbu. La regione conteneva molte montagne e vette. Nel 2016 uno studio sulle regioni Nanbu e sui legami tra castelli, montagne, religione, natura e governo, condotto da Keisuke Sugano, Ryutaro Okitsu e Shigeru Satoh (Vol. 17 No. 4 – 2016: HISTORY URBANISM RESILIENCE: Planning Conference Paper). Uno degli aspetti di questo studio riguarda il legame tra il clan Nanbu e le montagne Tohaku. In altre parole, i monaci buddisti e i templi situati nella regione di Tohaku sotto gli auspici del clan Nanbu consideravano l’esistenza di una risonanza tra la cinese Lijiang e i monti Tohaku giapponesi.
- A mio avviso, una assonanza ponderata è stata cercata e trovata anche tra il “Banri Kozan” e il“Jade Dragon Snow Mountain” ; più precisamente, con le sue doppie cime gemelle più caratteristiche e la cascata che le divide (vedi foto sotto).
A questo punto sono personalmente convinto che esista una relazione perseguita tra la pietra e le due serie di montagne. Quindi, la seconda domanda è se la pietra possa essere fatta risalire al periodo Ashikaga o a un periodo precedente. Torniamo alla citazione di Pitelka 2016 (p.45) che descrive un incontro per il tè tenutosi nel 1574 sponsorizzato da Nobunaga, come riportato da Tsuda Sogyu:
‘Quarto mese, terzo giorno, di giorno, sua signoria improvvisò un tè allo Shokokuji.
Nell’alcova: Paesaggio di diecimila miglia (Banri Kozan) di Yujian [J:Gyokukan,
attivo a metà del XIII secolo in Cina], di proprietà di Sua Signoria.
Da questo estratto, ritengo evidente che:
- L’espressione “Banri Kozan” era conosciuta e utilizzata negli alti circoli sociali, artistici e culturali non solo nel 1574, ma anche a metà del 1200 (periodo Ashikaga).
- Si riferiva a vasti paesaggi montani.
Sebbene sia sempre necessario mantenere un certo riserbo nel formulare conclusioni indiscutibili, oso sinceramente considerare altamente affidabile che la pietra “Banri Kozan” raffigurata nel Densho Seki (p. 85) sia lo yuraiseki menzionato negli scritti Ashikaga, per quanto ne so.
2.3. Esame
Sulla base di quanto espresso fino a questo punto, c’è poco da aggiungere riguardo alla pietra stessa.
È di piccole dimensioni (17 cm di larghezza), ha un aspetto naturale e non sono in grado di affermare come si sia formata e quale sia la sua modalità di esposizione.
Gli elementi che la accompagnano sembrano antichi per condizione e stile, quindi l’attribuzione di un’epoca precedente al periodo Edo sembra essere rafforzata.
Nel tentativo di aiutare a immaginare come la “Banri Kozan” fosse presentata in mostra, ho preparato uno schizzo approssimativo di lei secondo il gusto Ashikaga (e anche Kamakura). La immagino quindi collocata su un recipiente di bronzo nello stesso stile antico usato per il Gabisan (Densho-seki, p.124-125), una delle pietre Iwasaki, simile alle forme che appaiono nei vecchi disegni di esposizione delle pietre del periodo Ashikaga, come quelli eseguiti da Noami e Soami.
Va notato che il vaso non è molto più largo della pietra e relativamente profondo. Ciò è dovuto non solo allo stile del periodo, ma anche per rafforzare la suggestione dell’altezza della montagna. Probabilmente si sarebbe potuto utilizzare con successo uno shoku (tavolo da esposizione) alto.
articolo di Jesús Quintas, ‘qseki’ (Spagna)© RIPRODUZIONE RISERVATA
Traduzione a cura di Laura Monni. Pubblicazione a cura di Aldo Marchese
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